martedì 15 febbraio 2011

Abbandono

Ebbene si; è raro che mi capiti, perché in genere mi sforzo di arrivare in fondo, per quanto pesante la cosa possa risultare, ma, raramente, non riesco proprio ad andare innanzi e abbandono.
Tempo fa ho preso un libro, "un amore veneziano" di Andrea di Robilant, e ieri, dopo essere arrivato a poco più di un terzo del volume, ho deciso di abbandonarlo al suo destino; forse in futuro lo rileggerò, oppure lo donerò in biblioteca...vedrò.
La scelta del libro da acquistare è, a volte, un affare lungo; innanzi tutto il volume attira la mia attenzione per il titolo, il formato, la copertina e la casa editrice; poi ne leggo la quarta di copertina, salto le opinioni che vi appiccicano sopra, perché tanto spesso sono messe un po' a caso, indi leggo le informazioni inerente l'autrice o autore e per finire lo sfoglio e ne leggo alcune pagine.
Dopo un primo sondaggio mi prendo una pausa di riflessione e se il libro mi ha colpito favorevolmente e lo trovo ancora, e non costa un rene e mezzo, allora lo prendo; altre volte lo prendo subito senza starci troppo a pensare... dipende anche dall'argomento, ma non voglio tirarla troppo per le lunghe.
Questa volta è stato diverso: il volume non era fisicamente in libreria e ne avevo letto sul "libraio" e dato che, mi capita spesso verso il cambio di stagione, avevo voglia di leggere qualcosa di romantico e la quarta di copertina mi ispirava, l'ho mandato a prendere.
Avrebbe dovuto essere un romanzo epistolare, genere che dopo "dracula" apprezzo moltissimo, ma le lettere sono riportate a mozziconi e sono inserite in una cornice che le contestualizza. La frammentarietà delle missive impedisce al lettore di affezionarsi ai protagonisti della vicenda, non basta sapere che i personaggi sono persone reali, e quel minimo di vicinanza che si crea viene subito elisa dalla cornice che dà al volume l'aspetto di un saggio e fa diventare i protagonisti soggetti di studio. Tutto sommato avrei preferito una cornice più romanzata, perché credo che l'impianto narrativo funzioni, che permettesse una vicinanza maggiore coi protagonisti della vicenda.
Alla fine il continuo mutare degli attori da persone reali a topi da laboratorio ha logorato la mia voglia di leggere e così l'ho abbandonato.
Non è un brutto libro, come un volume a caso della Meyer, per esempio, o "la lingua rubata", ma è un romanzo asettico e la passione degli attori, che si vede chiaramente dalle epistole, è smorzata da iceberg di passaggio che l'autore getta sui lettori... a me, in soldoni, non è piaciuto.
Mi rimangono pochi, pochissimi, libri della Austen da leggere e dovrò cercare altrove del metadone.

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