domenica 2 settembre 2012

Miti, storia e affini; forse.

La mia fascinazione per la mitologia nasce in un modo abbastanza imbarazzante; è figlia di una stagione di pepla, prodotta, con ampie libertà interpretative, in Italia negli anni '60, e trasmessa al mattino, o nel primo pomeriggio, quando ero un tenero virgulto.
Mi piaceva vedere questi film colorati, caciaroni e un po', a volte ben oltre il po', kitsch.
Se le storie erano molto liberamente tratte dalla mitologia, a volte c'era giusto l'ambientazione pseudo-antica, neppure riconducibile a uno straccio di periodo storico o a una cultura reale, lo spirito baraccone e variopinto era molto vicino a quello dell'antichità genericamente intesa in quei film.
Del resto se la statuaria classica e neoclassica ci fosse giunta con la pigmentazione originaria, il Rinascimento, invece che proporre algide composizioni plastiche marmoree, avrebbe avuto esiti molto vicini alla pop-art e Warhol avrebbe avuto ben poco da aggiungere.
La storia dell'arte, specie nei primi anni dell'Istituto d'Arte, mi ha fatto rintracciare nei pepla motivi decorativi reali; ricordo un pavimento lucidissimo, in uno di questi pepla, che riproduceva fedelmente la brocchetta di Gurnià nei toni del rosso su uno sfondo azzurrognolo.
Una parte generosa, in questo processo, l'ha sicuramente giocata Pollon che era uno dei miei cartoni animati preferiti.
Tra gli olimpi la mia preferita è sempre stata Atena.
Innanzi tutto poiché suo simbolo è la civetta, ed io ho sempre amato gli strigiformi, e poi perché si tratta della divinità che ha cara l'astuzia. Non che io sia particolarmente astuto, ciò non ostante è una dote che apprezzo.
Il povero Poseidone non aveva alcuna possibilità nella contesa per il patronato sulla città di Atene; cosa potevano farsene di una fonte di acqua salata sull'Acropoli?
Ho sempre amato anche la genesi di Atena: figlia di Zeus e Meti, il Tonante, dietro consiglio di Gaia e Urano, che di queste cose se ne intendevano per esserci passati prima, ingoiò la figlia prima del parto poiché gli predissero che se Meti avesse partorito una figlia, quest'ultima avrebbe dato alla luce, in futuro, un figlio che lo avrebbe privato del dominio del cielo.
La visione dell'Odissea di Bava, sceneggiato di qualche decennio fa, visto alle elementari, ricordo che rimasi folgorato dall'uso di korai e kouros, come avrei scoperto in seguito chiamarsi, per rappresentare le divinità, me l'ha fatta apprezzare ancora di più e, negli anni, mi ha spinto a leggere, e rileggere, i poemi omerici.
Questo si è poi collegato con il mio segno zodiacale.
Non che creda allo zodiaco, tutt'altro, ma i Gemelli sono Castore e Polideuce, gemelli di Elena e Clitennestra e figli di Leda, Tindareo e Zeus.
Polideuce non volle accettare l'immortalità, propria degli déi, che gli veniva offerta da Zeus poiché Castore, ucciso prima per una questione di rapimenti, era divenuto suddito di Ade; Zeus risolse con una presenza alternata dei Dioscuri tra le divinità.
Salvarono Elena dal rapimento di Teseo e Piritto mentre questi due arzilli vecchietti, all'epoca dei fatti avrebbero dovuto avere tra gli 80 e 90 anni, se ne andavano nel regno ctonio a rapire Persefone; pessima idea che comporterà per Piritoo la presenza permanente tra i domini di Ade e a Teseo un pezzo di chiappa in cambio di qualche anno di vita sulla Terra.
La senescenza può giocare dei brutti tiri.
Tutta questa grecità si è innestata con le influenze cristiane profonde avute sin da piccolo e, naturalmente, tutto questo non poteva che portare verso l'unico reame greco e cristiano sulla Terra; l'Impero Romano D'Oriente, ecumene universale e immagine in terra dell'ordine celeste.
L'arte bizantina è un connubio felice tra astrazione e figurativismo pervaso della luce dell'irrealtà, rimando a un mondo sublimato, altro e alto; un'iperurania pervasa di luce dorata che comunica per tipi e divini esempi.
Col tempo la cristianità è divenuta più un vincolo civico e la mia filiazione religiosa ha continuato ad oscillare tra monoteismo e politeismo; ciò che è rimasto è il legame con la grecità dalla sua nascita, alla caduta di Bisanzio in mani ottomane, evento con il quale devo ancora fare i conti e metabolizzare... potenza della suggestione.
In tutto questo si inserisce una ammirazione sconfinata per l'Egitto antico, le sue genti, i suoi déi e i suoi miti; l'Egitto sarà, sin dagli albori delle civiltà più giovani vicine, non ultima quella greca, sinonimo di antichità e quindi di autorità.
Diciamocelo; un catofilo non può non subire il fascino di Bastet-Sekmet, simbolo, felino e solare con attributi benefici e malevoli, che proteggeva Ra nel suo viaggio nell'adilà dalle insidie di Apopi e Seth.
Dall'incontro con l'Egitto e con Hatshespsut è nata la curiosità, che spesso sconfina con l'ammirazione abbracciandola, per molte figure femminili del mondo antico e, poi, moderno.
Prima donne in vista che, in un mondo retto dagli uomini, si erano messe in mostra ricoprendo ruoli di potere: Hatshepsut, Cleopatra, Zenobia, Cartimandua, Boadicea, Irene, Atenaide, Zoe e Teodora, Teofano imperatrice del Sacro Romano Impero, Tamara di Georgia, Rosamunda e Ageltrude... e poi figure meno note, non solo potenti ma donne di cultura, come Aspasia, Saffo, Ipazia, Kassia,  e via dicendo.
La grecità, in ogni sua forma, debito e incarnazione, è alla base, fondante, che noi ce ne si renda conto o meno, della cultura occidentale.
La mitologia, i poemi omerici, non sono lettera morta, sorpassata e roba vecchia, ma sono vive e vegete e si agitano dentro le storie che leggiamo e viviamo; se li riconoscessimo inizieremmo a navigare in un mare di rimandi mitologici, culturali, religiosi, legati tra essi che connettono tutta la cultura occidentale con le sue origini e i suoi sviluppi futuri.
Gli artisti del rinascimento producevano, con le loro opere costruite a tavolino, ricche di riferimenti culturali, un viaggio in una parte dello scibile che poteva dilatarsi all'infinito, in una serie complessa e mai ultimata di rimandi e lo stesso vale per l'arte, negletta, di Bisanzio.

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