lunedì 28 aprile 2014

La milza

La milza, in genere, se ne sta buona al suo posto e svolge le sue funzioni non indispensabili all'esistenza.
Fa da filtro, un po' come un mitile o un rene qualsiasi, anche se filtra cose diverse dal rene e dal mitile, data l'assenza di acqua marina nel corpo umano, e si comporta un po' da linfonoide periferico; fa più cose e nessuna delle quali pare essere di vitale importanza, per cui non è considerata importante ai fine della nostra esistenza.
Sino a qualche secolo fa, però, quando la teoria degli umori era in auge, la milza era sede della "bile nera" il cui eccesso prevedeva la malinconia, alla quale era associato anche un tipo fisico; come concezione era un po' primitiva, ma è rimasto nel lessico comune, per cui spleen, milza, è andato a catalogare tutto un movimento culturale e uno stato di animo... tutto sto preambolo per dire che il consueto spleen domenicale si è spostato al lunedì.
La routine la conoscete già e quindi non faccio manco il riepilogo; neppure un bignami delle puntate precedenti ché si reiterano... e quindi già sapete come concludere la frase da soli.
L'unica cosa interessante è l'osservazione di quanto mi senta svuotato al rientro a casa.
Indipendentemente dal tipo di giornata trascorsa, che sia stata piena e indaffarata, oppure moderatamente normale, senza particolari guizzi, arrivo a casa svuotato.
Non credo di poter parlare di "apatia" in senso stretto, a tratti qualche guizzo permane, ma "svuotato" rende bene l'idea.
Difficilmente al mattino parto pimpante e pieno di ottimismo del resto, storicamente, né "pimpante" e neppure "ottimista" sono definizioni a me proprie, ma talvolta mi alzo di moderato buon umore, non "troppo" che poi mi fa male, e vi sono persino alcune sere, non sempre al venerdì che poi è facile dire che al venerdì uno è contento, e comunque anche questo è un evento raro, nelle quali torno a casa con una certa moderata condizione di contentezza.
La maggior parte delle volte rientro decisamente svuotato; con zero voglia di fare qualunque cosa e persino con nessuna voglia di progettare eventi futuri.
Tra l'altro è possibile ch'io ne abbia anche già parlato nel blog da qualche parte... tutto questo per dire che la grande costante della mia esistenza è la voglia di eremo che pugna con l'esigenza di comunicare questa condizione e quindi con la ricerca di una, seppur limitata, socialità; probabilmente se mai dovessi ritirarmi in un eremo prenderei a importunare i sassi.
E' stupefacente riuscire ad ambire alla solitudine sentendo la necessità di comunicarlo agli altri; spesso e volentieri vogliamo qualcosa e pure il suo contrario... l'importante è rendersene conto e apprezzare l'ironia della cosa.

martedì 22 aprile 2014

Comunicazione e sogni

Partirò dalla seconda parte dell'argomento.
La notte scorsa ho sperimentato qualcosa che non mi accadeva dai tempi dell'adolescenza; mi sono trovato nel mezzo di un sogno inquietante e incapace di muovermi.
In gioventù sarei stato preso dal panico, ma il mio sistema di controllo ha prontamente reagito; sono rimasto incapace di muovermi, ma mi sono reso immediatamente conto del fatto che si trattava di un sogno e questo è avvenuto attraverso il riconoscimento di dettagli sbagliati.
Nel sogno c'era un comodino, che non ho e uno spazio vuoto a destra del letto che, nella realtà, non è presente.
L'ultima volta che ho avuto un sogno simile la trama prevedeva il mio rapimento da parte degli alieni; X-Files e tutta la fantascienza vista mi ha profondamente influenzato, ma il sogno si è risolto con la pirocinesi e la combustione degli alieni.
Questa volte l'idea generale era sempre quella del rapimento alieno, con tre luci colorate, ma ho dovuto trovare il modo di svegliarmi perché non sono riuscito a modificare il sogno.
Che i miei sistemi di controllo inizino a risentire del tempo che passa?
Ho idea che il loro funzionamento fuori dai normali parametri possa essere imputato allo stress generale; del resto fare da badante non è esente da stress e questo serve come introduzione al capitolo successivo.

Ultimamente, direi ormai da qualche anno, ho osservato una cosa peculiare; sovente viene ignorato quel che dico, oppure viene frainteso a seconda del comodo dell'interlocutore.
E' un comportamento molto interessante, certo fonte di irritazione, ma ciò non toglie che sia qualcosa di peculiare; devo dire che ci vuole un po' di distanza per non cedere alla tentazione del complotto, però ha come causa generale il fatto di evitare di farmi parlare... del resto che parlo a fare?
Questa osservazione contribuisce, però, alla mia irritazione generale nei confronti dell'umanità.
Continuo a considerare il romitaggio una scelta ragionevole.

domenica 20 aprile 2014

Società

Il vivere in un branco molto vasto ha delle spiacevoli conseguenze e la misura della "spiacevolezza" non è preventivabile in anticipo; la si scopre in itinere ed è sempre diversa.
Alcune cose non sono socialmente accettabili, per cui ci si ritrova a fare cose che si vorrebbe non fare e a mostrarsi affabili, o per lo meno urbani, anche in quei contesti nei quali si vorrebbe esprimere le proprie opinioni con il badile.
Non bisogna vedere questo atteggiamento come un sinonimo di falsità; spesso ci si comporta così per non urtare la sensibilità altrui, ammesso e non concesso che tale sensibilità sia un ente reale, o perché sovente è più semplice sopportare, per poco tempo... si spera, una situazione spiacevole piuttosto che montare un caso, invocare la giustizia divina e perdersi in "perché" e "per come" che raramente servono alla scopo.
Veicolare, con argomenti o con il silenzio, un concetto non è un affare semplice; richiede che l'interlocutore sia predisposto ad ascoltare e che chi parla sia disposto anche a diffondersi in ampi e dettagliati, alla richiesta, "spiegoni"... se si comunica con il silenzio bisogna che l'interlocutore sia abbastanza empatico da capire il significato del non detto.
Tutto questo per dire che noi viviamo in un branco di circa sette miliardi di individui, costituito da complesse relazioni interpersonali e a volte si agogna a uno spazio pro-capite minimo di 38chilometri quadrati.

giovedì 17 aprile 2014

Inizia l'estate

Prematuro?
Grazie ai Numi al mattino e alla sera le temperature sono ancora accettabili, restando sotto la decina di gradi, ma di giorno si schiatta di caldo.
Vabbè; "schiattare" forse è eccessivo, se c'è un po' di brezza fresca si sta bene anche al sole, ma oggi, per la prima volta, ho avuto un caldo porco in corriera.
Dovrò documentarmi sull'espressione "caldo porco", anche se presumo che dormire con un maiale faccia decisamente caldo; esperienza che, comunque, non tengo a fare.
Va da sé che non c'è più la mezza stagione, qui una volta era tutta campagna e di mamme ce n'è una sola... la qual cosa è a volte una fortuna.
Inizio, in via preventiva, a star male al pensiero del precipitarsi dell'Estate in corsa e oggi ho sfoggiato il bellissimo, pubblicitario, ventaglio giapponese; inizierò ad andare in giro anche con un asciugamani.
E' riconosciuto, it is known, che l'asciugamano è indispensabile qualora si debba, per esempio, affrontare una truppa Vogon e avrà certamente la sua porca funzione se si deve scappare dalla Bestia Bugblatta di Traal; tra le sue molte funzioni c'è anche quella, non meno utile, di tergere il sudore.
Probabilmente non avrò bisogno dell'ombrello perché il percorso a piedi verso il lavoro è sufficientemente in ombra.
L'obiettivo, anche quest'anno, è quello di riuscire ad arrivare ad ottobre con il consueto pallore, o per lo meno riuscire a sollecitare il meno possibile la melanina... che, del resto, devo possedere in misura veramente minima; sindacale potrei dire.

martedì 15 aprile 2014

La Coscienza di Zeno

Oggi sono andato in libreria; quale novità...
Ebbene; quando esco dal lavoro, con gli zebedei in rivolta e un nervoso col quale potrei alimentare una città, oppure quando sono depresso e asfaltato da quanto avviene in studio, ho, al rientro verso la fermata della corriera, due opzioni: il forno o la libreria.
Il forno mi è indispensabile quale distributore di endorfine, che mi vengono propinate nelle varie forme nelle quali può presentarsi il cioccolato; la libreria perché ai libri non si dice mai di no e mi serve come shopping terapeutico... del resto, è vero, i libri sono l'unica cosa che acquisti e ti rendono più ricco.
Avendo preso una prodigiosa, quanto intensa, torta al cioccolato ieri, oggi sono andato in libreria; l'intenzione non era proprio quella di comprare un libro, anche perché mi sono appena arrivati tre libri a tema Bisanzio, ma era mia intenzione lasciarmi ispirare dal momento.
Non ho trovato nulla da comprare, in compenso ho visto la copertina mortaccina de "La coscienza di Zeno".
Capisco che il successo di "Twilight" abbia indotto le case editrici a sfornare i classici con copertine conturbanti; sono disposto a essere comprensivo nei confronti del "figo" di turno schiaffato sulla copertina di "Jane Eyre", "Il rosso e il nero", "Cime tempestose" e via di seguito, ma schiaffare un bellone moratccino sulla copertina de "La coscienza" mi pare una presa in giro.
Non fraintendetemi, a me "La coscienza" è piaciuta moltissimo; l'ho letta e riletta assaporandola, ma posso dire molte cose di questo libro, tranne che possieda il trasporto romantico di "Cime tempestose" o "Dei promessi sposi"... e anche su quest'ultimo il trasporto romantico sarebbe opinabile (altro romanzo che, comunque, ho apprezzato... da adulto).
Il fine non giustifica i mezzi e tentare di proporre ai giovani lettori "La coscienza" come romanzo "romantico" vuol dire prenderli in giro.
"La coscienza di Zeno" non è un romanzo romantico; il protagonista vive una esistenza grigia e ci tiene a mostrarcela in tutto il suo grigiore... è un romanzo bellissimo, ma NON ha alcuna intenzione di descrivere i tormenti amorosi del Conte di Fontanabroccola, per la bella e onesta figlia del priore di Gallinella che insegna nella locale scuola per fanciulle di Contignaco.
Trovo questa operazione commerciale veramente brutta.
Il prossimo passo quale sarà? mettere un bellone mortaccino e depresso in copertina del racconto "La giara" di Pirandello? "Uno, nessuno e centomila" spacciato per novella amorosa del secolo?
Io avrei delle remore anche a definire "I promessi sposi" un romanzo "romantico", pur essendoci al centro della vicenda una storia d'amore.